lunedì 17 novembre 2014

La guerra vista da un finestrino

Qualche settimana fa - E' venerdì e mi godo il lusso di viaggiare in treno senza bambine, dopo tanto.
4 ore e mezza di libertà'. Tra i regali che mi faccio c'e' un quotidiano (proprio quello che non ho mai tempo di leggere), una scatola di ritz (quelli che non posso avvicinare alle bimbe) e un ipad (quello che mi viene immancabilmente sequestrato per vedere Frozen).

Inizio dal giornale.

Tra i titoli in prima pagina c'e' Israele. Approfondisco subito le notizie che raccontano di quest' infinita incomprensione tra due popoli e una nuvola nera si addensa intorno a me. Mentre leggo penso, nel mio piccolo, e nel mio piccolissimo provo a ragionare, nonostante l'irragionevolezza di tutto questo.
Pensieri piu' profondi si intrecciamo a domande elementari, ma tra tutte e' una la frase che mi resta fissa nella mente: mi chiedo come sia possibile che uomini potenzialmente sani di mente non possano trovare una soluzione che porti con se la pace.  Questo sentire, anche se gonfio di dolore, mi fa sentire viva e, per qualche strano meccanismo, in pace con il mondo. Sara' che il pensare all'ingiustizia della guerra mi fa sembrare piu' giusta?

Non faccio in tempo a finire la domanda che un sole fortissimo mi inonda il viso. La sensazione e' forte e infinitamente piacevole. Non solo e' calda, la luce, ma sembra anche ristoratrice. I miei pensieri vagano. Dalla guerra in Palestina passo alle belle immagini che ho custodito durante il mio primo viaggio in Terra Santa.

All'improvviso torna il buio. Non e' una nuvola ma il mio compagno di viaggio. Dietro di me un tizio infastidito dal sole tira giu' la tenda. Peccato che la tenda e' in condivisione. Non riesco a vederlo ma sento i suoi movimenti goffi e il suo sbuffare a un sedile di distanza. Provo a rialzare la tenda senza girarmi. Niente. Il sole non gli va proprio e tira di nuovo giu. I seguenti due minuti sono fatti di io che tiro su la tenda tre o quattro volte e lui che immancabilmente la ritira giu' finche', notevolmente infastidito, mi urla dietro di smetterla. E io, che faccio? Ovviamente gli rispondo per le rime, credendomi nel giusto a volere il sole in faccia.

La nostra battaglia non va avanti a lungo ma resta comunque nell'aria un sapore di guerra. Se questo viaggio durasse piu' di quattro ore, credo non aspetteremmo molto ad odiarci ancora.

E poi mi domandavo come fanno due popoli vicini a farsi del male. 


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