lunedì 22 aprile 2013

La lingua dei desideri



Ho sempre molto riflettuto su cosa vuol dire parlare lingue straniere. Sara' perche' avevo soli 10 anni quando ne imparavo una diversa dalla mia lingua madre per la prima volta in modo serio. Non l'inglese studiacchiato a scuola o il gallego parlicchiato tra amici, una vera e propria lingua straniera da imparare alla perfezione per ragioni di vera e propria sopravvivenza. Quella volta fu una passeggiata. Un mese e venivo lanciata in quinta elementare a fare temi d'italiano. Le cose si complicarono piu' avanti quando, chiusasi quella famosa finestra temporale dei 14 anni per cui una lingua straniera puo' essere imparata senza problemi e con risultati pari ai madrelingua, mi imbarcai nell'inglese, nel francese e nel portoghese all'universita'; nel cinese e nel russo poi durante le mie esperienze da espatriata. Niente di drammatico comunque perche' se una cosa piace la si fa volentieri e a me imparare nuove lingue piace davvero. La cosa che piu' mi piace comunque e' scoprire una cultura attraverso una lingua (o viceversa una lingua attraverso la cultura/e d'appartenenza), scovare modi di dire intraducibili da idioma a idioma, conoscere diversi rituali di saluto o benvenuto e, magari, riflettere su come le stesse parole possano avere diversi significati da lingua a lingua.

Su quest'ultimo punto Borges ha scritto:

El error consiste
en que no se tiene en cuenta
que cada idioma es
un modo de sentir el universo
o de percibir el universo*

Bellissime parole che legano lo studio delle lingue straniere quasi al mondo delle fiabe e, probabilmente, addolciscono la pillola dello studiare ostiche grammatiche. Perche' se oltre alle regole si riesce a percepire un nuovo modo di sentire, credo che la curiosita' dello scoprire quell'universo spinga piu' di qualunque altra ragione. 

Ma a proposito di lingue straniere....

Come vi anticipavo nel mio post ieri, in occasione dell'anniversario per i 40 anni della scuola italiana a Mosca, siamo stati alla conferenza tenuta dal Prof. E. Balboni, docente di didattica delle lingue straniere presso l'Universita' Ca' Foscari. Sull'invito si parlava di una conferenza su "Plurilinguismo e interculturalita'"  ma devo ammettere che il titolo non mi e' parso molto azzeccato, piuttosto avrebbero dovuto scrivere "Lo studio delle lingue straniere attraverso l'emozione" perche' e' proprio di questo che Balboni ha parlato: l'importanza del fattore emotivo nello studio di una lingua (ma anche nello studio in generale) o, per dirla piu' professionalmente, dell'approccio umanistico-affettivo. Contrariamente a quello che pensa la maggior parte delle gente (me compresa), Balboni ci spiega che non esiste un metodo moderno o un metodo vecchio nel mondo della didattica delle lingue straniere. Approcci che molti spacciano per contemporanei ed innovativi sono spesso frutto di studi gia' provati in passato a partire dagli antichi greci fino agli anni '60. L'unica vera etichetta che si puo' dare allo studio e all'apprendimento di un nuovo idioma sta nella nostra genetica (tra DNA, neuroni, ormoni ecc). Vera e propria chimica insomma! Entrare in questa percezione non e' cosi facile. La nostra cultura occidentale ci ha insegnano che logica=vero e che le emozioni, ovvero l'illogico, = falso. Non ci accorgiamo insomma dell'importanza della connessione tra battito del cuore e intelletto quando invece l'apprendimento nel senso piu' a noi  umanamente e geneticamente naturale si basa proprio su queste sinapsi (connessioni). Creare queste trasmissioni e' fondamentale, senza di esse non c'e' vero apprendimento. Ovviamente le connessioni devono riguardare emozioni positive altrimenti i neurotrasmettitori responsabili dell'apprendimento non funzionano. Della serie: per studiare una lingua straniera bisogna produrre seratonita, l'ormone del buonumore.

Ma come applicare concretamente questo approccio durante l'apprendimento delle lingue straniere? Il Prof. E. Balboni ieri ha velocemente parlato di 2 punti fondamentali:

1) Varieta' (uso di colori, uso di diverse  tecniche quali mimica, teatro..)

2) Feasibility  ovvero la sensazione di essere capaci (qui entra in gioco l'abilita' dell'insegnante che deve saper dare quella sensazione all'alunno)

A parte questi due punti in comune ci sono poi tutta una serie di tecniche ben precise che partono dall'approccio umanistico-affettico ma ci vorrebbe uno studio piu approfondito di una sola conferenza per parlarne**. Mi soffermo solo su una di queste perche' mi ha molto colpito: il metodo Lozanov. Per dirla con parole semplici e' un metodo che prevede far assumere un preciso ruolo agli studenti. Durante la lezione in pratica l'alunno cambia identita' per cui nome, professione ecc. sono inventati. Realistici ma inventati. Non e' bellissimo pensare di poter viaggiare con la fantasia mentre in realta' si sta studiando? Come ha detto Balboni la lingua straniera diventa cosi la lingua dei desideri.

Domani proporro' questa tecnica alla mia insegnante di russo. In che personaggio trasformarmi pero' ci devo ancora pensare...

*tratto da "El oficio de traducir"

**Per chi di voi fosse interessato sul sito del Prof. E Balboni alla sezione Bibliografia ci sono una serie di titoli davvero interessanti. Io credo che iniziero' con uno dei sui libro sul bilinguismo, tema di cui e' esperto.

2 commenti:

  1. I agree so much about importance of emotions! You made learning spanish so happy for me.... :)
    (I use google translator, poor me!)

    RispondiElimina
  2. Bev....do you want to make me cry again? Love You!

    RispondiElimina